Portofino è un porticciolo
incastonato nella vegetazione dellomonimo promontorio.
Il famosissimo paese si apre attorno ad una celebre piazzetta
caratterizzata da case colorate. Il porto è meta del
turismo di lusso e vi si trovano ormeggiate sfarzose imbarcazioni
ed immensi yacht.
Fu il „giallo"
del 2001. La contessa Francesca Vacca Agusta scomparve
da Portofino l'8 gennaio. Assassinata? Suicidata? Fuggita?
La sorte (e la storia) della contessa tenne per settimane banco
su tutti i giornali e telegiornali.
Francesca
Vacca Agusta, cinquantottenne, bellissima ex mannequin,
aveva avuto la fortuna d'incontrare il re degli elicotteri,
il conte Corrado Agusta, che la sposò nel 1967 (lasciandola,
morendo nel 1989, vedova e ricca). Instancabile organizzatrice
di ricevimenti, serate, crociere, viaggi per gli
ospiti che il conte voleva intrattenere per
concludere affari plurimiliardari, Francesca era stata
un vero e proprio genio delle pubbliche relazioni.
Parlava correntemente quattro lingue, sapeva stare benissimo
in società, era una padrona di casa formidabile
e aveva un altro grande e indiscutibile pregio: aveva saputo
sopportare per più di vent'anni un tipo non proprio
semplice come il conte.
La scena del „giallo"
è il lussureggiante parco di Villa Altachiara, un
trionfo di lecci montini ed eucalipti, di pini marittimi
e cedri, limoni e cipressi. Villa Altachiara fu costruita
sul finire dell'Ottocento dalla famiglia di Lord Carnarvon (George Edward Stahnope Malyneux Herbert), scopritore insieme
a Howard Carter della tomba del faraone Tutankhamen nella Valle
dei Re in Egitto.
Nei giorni successivi
alla scomparsa la polizia setacciò centimetro per centimetro
il bosco della villa. Ma non si trovarono quasi tracce della
contessa, non un arbusto strappato per l'eventuale caduta, non
una macchia di sangue rappreso. Solo due pantofole,
che, secondo lamico messicano Tirso Chazaro e lamica
del cuore Susanna Torretta (gli unici testimoni), la
contessa avrebbe calzato prima di sparire.
Tirso, che da tre anni
e mezzo conviveva con la Contessa Agusta e la fatidica sera
dell'8 gennaio si trovava nella villa, raccontò nella
sua versione dei fatti pressocché identica a quella di
Susanna Torretta che la contessa pochi minuti dopo le 19 gridò
„Vado a farmi una nuotata!„. Sarebbe stata visibilmente
alterata, avendo
La vita estrema di Francesca Agusta
bevuto champagne e molto whisky.
Sarebbe uscita sbattendo la porta del salone e sparendo nel
giardino della terrazza. Alle tre del mattino arrivò
anche il fratello, Domenico Vacca Graffagni. Il giorno
dopo Maurizio Raggio, l'uomo legato alla contessa ai
tempi di Tangentopoli.
Dopo tre giorni fu il
mare a restituire un indizio che avrebbe potuto dire qualcosa
sul giallo della scomparsa di Francesca. I sommozzatori recuperarono
a 18 metri di profondità nel mare sottostante la scogliera
un accappatoio bianco strappato con un taglio a forma di L sulla
schiena. Maurizio Raggio riconobbe l'indumento sul quale c'erano
stampigliate le iniziali della contessa.
I carabinieri del Centro
investigazioni scientifiche esaminarono le poche gocce di liquido
trovate nella bottiglia di whisky che Francesca Vacca Agusta avrebbe bevuto la sera della sua scomparsa, cercando di
scoprire se dentro all'alcol ci fosse stato dell'altro,
forse qualche farmaco destinato ad intontire la donna. Ci si
chiese anche perché sull'accappatoio che la contessa
aveva indossato lunedì non ci fosse stata neppure
un'ombra di sangue in corrispondenza del tessuto
lacerato: nonostante i tre giorni trascorsi in mare, una piccola
traccia sarebbe pur dovuta restare. Ma il corpo di Francesca non si trovò: se davvero era precipitata dalla
scogliera di Portofino, le correnti l'avrebbero potuta
trascinare lontanissimo.
Domande, domande: Francesca Vacca Agusta era caduta in mare,
scivolata per disgrazia, perché voleva suicidarsi o
perché era stata spinta da qualcuno? Oppure era tutto
una messinscena per nascondere la sua fuga? La servitù
di Villa Altachiara - un maggiordomo polacco, sua moglie che
fa la cameriera, altri due polacchi, un domestico marocchino,
un giardiniere e l'autista, fu sottoposta a serrata
sorveglianza. Come mai lunedì i domestici avevano avuto
giornata libera? Non era sospetto il fatto che nello stesso
giorno le telecamere del circuito interno di sorveglianza
fossero disattivate? E la posizione delle pantofole non era
forse strana: una tra gli scogli. L'altra, qualche metro più
in alto, in un anfratto?
Poi, tre settimane dopo,
il 22 gennaio, fu rinvenuto il cadavere di una donna a
ridosso di una scogliera a Cap Benat, tra Marsiglia e Tolone,
a 370 chilometri da Portofino. Il cadavere era
senza vestiti e al dito portava due anelli: uno con incisa la
data delle seconde nozze del padre della contessa. La cosa
fu confermata, più tardi, dal fratello della contessa,
Domenico.
L'autopsia non rivelò
tracce di acqua nei polmoni, il che portò a concludere
che la morte fosse avvenuta prima che la donna cadesse in mare,
o eventualmente vi venisse gettata. Il che avrebbe
potuto avvalorare l'ipotesi dell' omicidio. Tuttavia, sarebbe
anche stato possibile che la contessa, cadendo sulla scogliera
di Portofino, avesse battuto la testa sulle rocce, morendo sul
colpo.
Fu una disgrazia, sentenziò la Procura di Chiavari un anno e mezzo dopo l'inizio delle indagini. I risultati
di una clamorosa perizia psichiatrica postuma confermarono
indirettamente questa più banale ipotesi: una disgrazia,
un tragico gioco a nascondino. Questa è la soluzione
del „giallo" di Portofino. La contessa era affetta
da una forma di „regressione infantile" che si scatenava
nei momenti di difficoltà, quando la solitudine
e il bisogno di affetto si facevano insopportabili,
la contessa chiedeva disperatamente un po' d'attenzione. E
come una bambina si nascondeva, nella speranza che qualcuno
venisse a cercarla. Una „forma maniacale" che nel
passato s'era manifestata numerose volte.
Quella notte dell'8 gennaio era successo ancora: dapprima
Francesca si era chiusa in un armadio, dove Tirso l'aveva trovata con una bottiglia di whisky vuota accanto:
aveva solo un accappatoio bianco e il telefono in mano. I
due - Susanna e Tirso - cercarono di tranquillizzarla. Ma
lei uscì sbattendo la porta dicendo di voler nuotare.
Volle nascondersi tra il muretto oltre la veranda e il glicine.
Allcuni frammenti di vetro, i cocci di una lampadina che uno
dei domestici aveva gettato di sotto insieme all'immondizia,
trovati dai carabinieri sotto la suola delle pantofole, confermano
questa ipotesi. Ma proprio in quel punto c'è una sorta
di scivolo, dove il giardiniere di solito buttava l'erba tagliata.
Ma vi erano anche delle foglie, rese fradice dalla pioggia:
anche di queste si trovò traccia, insieme al terriccio
che si trova solo in quel punto. Ed è lì che
la contessa nel tentativo di accucciarsi, di nascondersi,
perse l'equilibrio e precipitò. Finì
su un terrapieno di sotto, l'accappatoio strappato dai rami:
e riprese a scivolare, poi a cadere, cercando disperatamente
di aggrapparsi a qualcosa, persino alla roccia nuda.
Battendo la nuca e finendo in mare. Il suo cuore aveva già
cessato di battere.
Dopo l'accertata morte la tragedia
continuò con una guerra senza esclusione di colpi per
il testamento della contessa.
Sono in molti a ricordare che Francesca
Vacca Agusta negli ultimi tempi aveva confidato in diverse occasioni
di aver lasciato tutti i suoi averi al convivente messicano,
inserendo nell'asse ereditario anche l'amica Susanna. I due
sono gli unici testimoni della sua sparizione. La contessa ce
l'aveva con Maurizio Raggio, avrebbero ricordato i componenti
della servitù (otto persone), ascoltati l'altra sera.
I carabinieri hanno sequestrato un foglio, scritto da Francesca
Vacca Agusta il 6 gennaio, due giorni prima della sua scomparsa:
in poche righe nominava „Tirso“ erede di tutti i suoi
averi.