Storia

I cosacchi nel Friuli


Durante la seconda guerra mondiale, a causa delle enormi tensioni della guerra e dell'occupazione tedesca, ci furono fratture all'interno della società sovietica che portarono a varie forme di "collaborazione". Le ragioni dei col­laboratori, visti da Stalin come “traditori”, andavano dalla volontà di so­prav­vivere a un profondo odio per il bolscevismo. L'Unione Sovietica di Stalin agì senza pietà contro questi "nemici dello Stato", i cosiddetti "collaboratori armati del nemico".
Come durante la rivoluzione russa, i cosacchi durante la Seconda Guerra Mon­diale si trovarono da entrambe le parti, in gran parte però a causa dei loro sentimenti anti-bolscevichi dalla parte della Germania nazista, che era vis­ta da loro ome un baluardo contro Stalin.
A partire dal 1943, principalmente per il timore che i cosacchi potessero non voler com­battere contro i compatrioti rimasti fedeli a Stalin, le unità co­sacche fu­rono mandate in Jugoslavia con il compito di proteggere le linee di ri­for­ni­mento tedesche verso la Grecia e di combattere contro i partigiani. I partigiani comunisti di Tito, l'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia alla fine del 1944 aveva già superato il numero di 400.000 combattenti.
Non furono solo i tedeschi a intuire le valdità dei cosacchi in combattimento. A metà luglio del 1942 il Regio Esercito costituì unità di cavalleria cosacca “Campello” A comandare l’unità venne designato il maggiore Conte Ranieri di Campello del Savoia Cavalleria. Il reparto fu impiegato sia in operazioni esplorative, sia in incursioni offensive in territorio nemico.
In una di queste azioni presso Nikitowka il 19 gennaio 1943 il maggiore Campello venne gravemente ferito e fu salvato da due cosacchi, e in seguito trasferito all’ospedale di Kharkov e poi rimpatriato.
Mano a mano che le sorti della guerra nell'Unione Sovietica volgevano a sfa­vore delle truppe del Terzo Reich, le popolazioni cosacche furono costrette a seguire il ripiegamento delle unità tedesche per sfuggire alla prevedibile ter­ri­bile vendetta russa.
Consistenti unità furono spostate in Jugoslavia per contrastare il movimento partigiano e per lo stesso motivo si decise nel 1944 di riunire le forze cosacche e costitutire il 15°corpo di armata di Cavalleria Cosacca. Inquadrato nelle WAFFEN SS il corpo contava oltre 52.000 uomini.
Dalla tarda estate del 1944 sino ai primi giorni di maggio del 1945 la Carnia e parte del Friuli furono occupate da militari di origine cosacca e caucasica che erano arrivati nella regione insieme ai propri civili, veri e propri profughi che seguivano i combattenti con carriaggi e con tutto quanto avevano potuto portare durante una lunga ritirata che li aveva condotti dalla Russia meridionale all’Italia attraverso l’Ucraina, la Bielorussia e la Polonia.
Le autorità tedesche decisero di cercare una nuova area di insediamento per questi cosacchi. Il governo del Reich assegnò loro un'area nella provincia italiana settentrionale del Friuli-Venezia Giulia, nella zona di Tolmezzo. Si trattava di circa 22.000 cosacchi (9.000 soldati, 6.000 “vecchi”, 4.000 “familiari” e 3.000 “bambini”), oltre a 4.000 “caucasici” (2.000 soldati ed altrettanti familiari) a bordo di 50 treni merci militari. La quantità delle formazioni cosacche giunte in Italia suscitarono disappunto anche da parte degli stessi tedeschi, i quali avevano sperato di poter disporre esclusivamente di reparti militari da impiegare immediatamente nelle azioni contro le forze partigiane, e invece si trovarono di fronte a contingenti nei quali era predominante la popolazione civile.
I cosacchi iniziarono l'installazione di un "Kosakenland in Norditalien", riproducendo nei villaggi friulani la loro organizzazione sociale, gli stili di vita e le cerimonie religiose. Le località di Tolmezzo e Alesso, la zona di Nimis, Cavazzo Carnico, Gemona, la zona di Osoppo, Tarcento, Amaro e alcuni paesi minori divennero centri cosacchi. Si instaurò una difficile convivenza con la popolazione locale che dovette cedere le proprie abitazioni e parte delle risorse primarie di sostentamento come cibo e foraggio per i molti cavalli di cui disponeva il contingente e dovette subire ancora prepotenze e vessazioni per tutto il periodo dell'occupazione. Il villaggio di Alesso fu completamente lasciato ai cosacchi e vi si stabilì una sorta di Governo cosacco in esilio./td>
I cosacchi vis­se­ro per set­te mesi nel­la nuo­va "ter­ra pro­mes­sa" del Friuli, ini­zia­ro­no a met­tere su una in­fra­strut­tu­ra am­mi­nis­tra­tiva e man­ten­nero il loro stile di vita. Fu cos­trui­to un os­pe­dale a Treppo e un ospi­zio a Cer­ci­ven­to per gli invalidi di guerra, una scuola caucasica a Sutrio; a Ligosullo
Michele Gortani scrisse: “I nuovi venuti penetravano da padroni in tutte le case. Trattavano gli abitanti come persone al loro servizio. Usavano spesso sedersi a tavola all’ora del pasto e appropriarsi del poco che le famiglie avevano preparato per sé. Rovistavano a piacere per ogni dove, rubando qualunque cosa piacesse loro, dalle lenzuola alle coperte e ai viveri di ogni specie, dagli animali da cortile alle masserizie. Per i loro cavalli innumerevoli, non contenti di lanciarli al pascolo giorno e notte negli orti e nei campi, saccheggiavano sistematicamente le provviste di fieno dei contadini locali per l’alimentazione del bestiame durante l’inverno”. Successivamente subentrò un periodo di relativo assestamento, cosicché la convivenza forzata tra occupanti e popolazione carnica poté instaurarsi lungo criteri di maggiore vivibilità e reciproca comprensione.


Tuttavia, la situazione dei cosacchi rimase precaria e si deteriorò ra­pi­da­men­te. Nell'aprile 1945 le truppe bri­tan­ni­che avan­zarono velocemente e i partigiani di Tito aumentarono i loro attacchi. Poiché i cosacchi non erano disposti a deporre le armi o a negoziare con i partigiani, decisero di lasciare l'Italia per capitolare sul suolo austriaco, nella regione dell'Alta Carinzia e nel Tirolo Orientale. il 9 maggio 1945 si arresero alle truppe inglesi presso la città di Lienz.
Vennero loro requisiti cavalli e armi e tenuti in condizioni di isolamento. Gli accordi tra le grandi potenze prevedevano la riconsegna all'Unione Sovietica di tutte quelle formazioni e quelle popolazioni che si erano schierati a fianco dei nazisti.
Quando i cosacchi vennero a sapere che gli inglesi li avrebbero riconsegnati a Stalin, fu una tragedia: il trasporto forzato sui carri bestiame, i tentativi di fuga fermati dagli inglesi a mitragliate, centinaia di suicidi, intere famiglie che si gettarono nelle acque gelide della Drava in piena, o che si impiccarono con i finimenti dei cavalli. La maggior parte dei cosacchi venne deportata nei campi di concentramento sovietici in Siberia e condannata a lunghi anni di detenzione. I principali responsabili del movimento cosacco vennero processati e giustiziati a Mosca nel 1947.
I cosacchi che riuscirono a evitare il trasferimento in Unione Sovietica cer­carono di trovare rifugio lontano dalla terra d'origine (consistenti gruppi cosacchi si ricostituirono, per esempio, in Germania, in Francia, in Israele, negli Stati Uniti, nel Canada, nel Sud America e in Australia).
 
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