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Davanti a San Guido | ||||||
I cipressi che a Bólgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar ...Con questi versi di Giosuè Carducci nella sua poesia „Davanti a San Guido" il villaggio di Bolgheri è diventato immortale. Ancora oggi conserva il suo fascino antico. | ||||||
Giosuè Carducci | ||||||
Giosuè Alessandro Michele Carducci (Valdicastello, 27 luglio 1835 - Bologna, 16 febbraio 1907) è stato un famoso poeta. Fu il primo italiano a ricevere (1906) il premio Nobel per la letteratura. |
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Davanti a San Guido | ||||||
I cipressi che a Bólgheri
alti e schietti Van da San Guido in duplice filar, Quasi in corsa giganti giovinetti Mi balzarono incontro e mi guardar. Mi riconobbero, e - ben torni omai - Bisbigliaron vèr' me co 'l capo chino - Perché non scendi ? Perché non ristai ? Fresca è la sera e a te noto il cammino. Oh sièditi a le nostre ombre odorate Ove soffia dal mare il maestrale: Ira non ti serbiam de le sassate Tue d'una volta: oh non facean già male! Nidi portiamo ancor di rusignoli: Deh perché fuggi rapido cosí ? Le passere la sera intreccian voli A noi d'intorno ancora. Oh resta qui! - - Bei cipressetti, cipressetti miei, Fedeli amici d'un tempo migliore, Oh di che cuor con voi mi resterei - Guardando lor rispondeva - oh di che cuore ! Ma, cipressetti miei, lasciatem'ire: Or non è piú quel tempo e quell'età. Se voi sapeste!... via, non fo per dire, Ma oggi sono una celebrità. |
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E so legger di greco e di latino, |
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Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno, Che de le grandi querce a l'ombra stan Ammusando i cavalli e intorno intorno Tutto è silenzio ne l'ardente pian, Ti canteremo noi cipressi i cori Che vanno eterni fra la terra e il cielo: Da quegli olmi le ninfe usciran fuori Te ventilando co 'l lor bianco velo; E Pan l'eterno che su l'erme alture A quell'ora e ne i pian solingo va Il dissidio, o mortal, de le tue cure Ne la diva armonia sommergerà. - Ed io - Lontano, oltre Apennin, m'aspetta La Tittí - rispondea; - lasciatem'ire. È la Tittí come una passeretta, Ma non ha penne per il suo vestire. E mangia altro che bacche di cipresso; Né io sono per anche un manzoniano Che tiri quattro paghe per il lesso. Addio, cipressi! addio, dolce mio piano! - - Che vuoi che diciam dunque al cimitero Dove la nonna tua sepolta sta? - E fuggíano, e pareano un corteo nero Che brontolando in fretta in fretta va. Di cima al poggio allor, dal cimitero, Giú de' cipressi per la verde via, Alta, solenne, vestita di nero Parvemi riveder nonna Lucia: La signora Lucia, da la cui bocca, Tra l'ondeggiar de i candidi capelli, La favella toscana, ch'è sí sciocca Nel manzonismo de gli stenterelli, Canora discendea, co 'l mesto accento De la Versilia che nel cuor mi sta, Come da un sirventese del trecento, Piena di forza e di soavità. O nonna, o nonna! deh com'era bella Quand'ero bimbo! ditemela ancor, Ditela a quest'uom savio la novella Di lei che cerca il suo perduto amor! - Sette paia di scarpe ho consumate Di tutto ferro per te ritrovare: Sette verghe di ferro ho logorate Per appoggiarmi nel fatale andare: |
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Sette fiasche di lacrime ho colmate, Sette lunghi anni, di lacrime amare: Tu dormi a le mie grida disperate, E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. - Deh come bella, o nonna, e come vera È la novella ancor! Proprio cosí. E quello che cercai mattina e sera Tanti e tanti anni in vano, è forse qui, Sotto questi cipressi, ove non spero, Ove non penso di posarmi piú: Forse, nonna, è nel vostro cimitero Tra quegli altri cipressi ermo là su. Ansimando fuggía la vaporiera Mentr'io cosí piangeva entro il mio cuore; E di polledri una leggiadra schiera Annitrendo correa lieta al rumore. Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo Rosso e turchino, non si scomodò: Tutto quel chiasso ei non degnò d'un guardo E a brucar serio e lento seguitò. |
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